mercoledì 31 luglio 2013

Ridurre il debito ?

Dato che la spinta esterna dal "mercato" che porta impoverimento e miseria avviene nel nome della "riduzione del debito", andiamo a vedere quanto gli stati siano realmente in grado di ridurre il debito.

La politica non conosce una riduzione della spesa, la politica conosce solo l'ottenimento del voto in un tempo presente spendendo in qualsiasi modo e forma il denaro del futuro.

Non esiste nessuna politica in grado di ridurre la propria spesa, sarebbe contro natura, molto più facile saccheggiare il settore privato fino alla rivolta.


leggi anche: la riduzione dell'indebitamento (parte 1)

martedì 30 luglio 2013

16 economie emergenti

A seguito del boom cinese e dei Brics oggi ci sono altre 16 economie che corrono come treni.

Se avete contatti con questi paesi, non perdeteli.


lunedì 29 luglio 2013

Eurodifesa ?



Il trattato di Lisbona del 2009 ha stabilito le tappe per una velocizzazione dell'integrazione difensiva europea.

Nell'ultimo report del 24 giugno la commissione europea ha fatto notare come l'eccessiva differenziazione di prodotti renda le industrie europee meno competitive sul mercato mondiale.

Nell'unione sono presenti 16 modelli diversi di fregate, negli Usa uno solo.

I limiti di una integrazione in materia di difesa sono però evidenti quando i differenti interessi delle singole nazioni collidono. Nel 2012 la Germania ha bloccato la fusione dei due colossi BAE (Inghilterra) e EADS (Francia-Germania) proprio perchè Berlino avrebbe perso molta influenza su gran parte delle produzioni.

La difesa è una materia strettamente legata alla geografia e alla geopolitica. I richiami delle commissione per una maggiore spesa ed integrazione non cambiano il fatto che gli interessi geopolitici della Finlandia siano estremamente differenti da quelli Italiani.

Il punto è che nel prossimo futuro vedremo si una maggiore integrazione in materia di difesa, ma tra quelle nazione che occupano regioni limitrofe e condividono interessi comuni.

Nel caso dell'Europa si tratta delle 4 macroregioni:

  • Nordica
  • Gruppo di Visogrado (centrale)
  • Franco-Tedesco
  • Mediterraneo


La difesa è una materia vincolata al territorio e alla geografia, forse potrebbe esserlo maggiormente anche l'economia.


venerdì 26 luglio 2013

Evasione di sopravvivenza


Ogni tanto anche ai politici scappa qualche verità.

Fassina alla riunione di confcommercio ha parlato di un "Evasione di Sopravvivenza", in sostanza ha voluto dire che alcune attività sono "costrette" ad eludere od evadere per non chiudere (evidentemente non quelle criminali e le banche)

Lo abbiamo scritto centinaia di volte ma lo scriviamo ancora, allo Stato non frega niente della ripresa economica, lo Stato è semplicemente in lotta per la sua sopravvivenza.

Il mercato lo distruggerebbe (e lo sta facendo) molto volentieri ma ne ha ancora bisogno per riscuotere dai cittadini in moneta reale il capitale perso con i giochini finanziari.

Ovviamente, queste disgraziate politiche economiche non porteranno altro che all'inevitabile riduzione delle entrate fiscali. Lo sanno anche i sassi che più tassi e meno incassi. Le attività chiudono e con una pressione diretta del 54% (se aggiungiamo anche quella indiretta andiamo alle stelle)  parlare di politiche per lo sviluppo e la crescita è ridicolo.

Un altro rischio che accompagna queste politiche sconsiderate è dato anche dall'ombra della rivolta fiscale. Le guerre oggi sono economiche e finanziarie, è allora, probabilmente, lo sono anche le rivoluzioni.


lunedì 22 luglio 2013

Ineguaglianza a livelli senza precedenti

In questo video ci viene spiegato come la globalizzazione e la finanziarizzazione, tanto care ai nostri "Leader", abbiano creato, nell'illusione della ricchezza infinita, una disparità e ingiustizia sociale impensabile.Oggi il 2% della popolazione mondiale possiede oltre il 51% della ricchezza planetaria. Non è più una questione di ricchi e poveri tra primo secondo e terzo mondo, la disparità fra classi sociali in un economia globale diventa globale anch'essa.L'80% della popolazione mondiale possiede il 6% della ricchezza. Le 300 persone più ricche del pianeta hanno più ricchezza di tutti gli abitanti di Stati Uniti - India - Cina e Brasile insieme.

Prima di questa fissazione antropocentrica chiamata globalizzazione per cui un manipolo di imbecilli come nei cartoni animati o nei film di James Bond deve assolutamente dominare il mondo (per poi inevitabilmente portarlo alla distruzione) le cose erano, per assurdo, più equilibrate.

200 anni fa le popolazione più ricche possedevano una ricchezza 3 volte superiore a quelle più povere, alla fine del colonialismo (1960) il rapporto era passato a 35 volte. Oggi siamo ad 80 volte.

Romani Prodi dopo l'ottimo lavoro svolto in Europa (per conto della finanza globale) ora è in Africa a dare il suo contributo.... Scappate se siete in tempo...

Perchè il punto della globalizzazione e della finanziariazizzazione non è "aiutare i poveri" ma bensì "crearne sempre più".



leggi anche: una globalizzazione sostenibile

di Elido Fazi, CRONACA DI UN EVENTO PERDUTO AL VECCHIO PALAZZO, OVVERO A PALAZZO VECCHIO, CON RENZI E PITTELLA


Di seguito un articolo di Elido Fazi, il quale avrebbe dovuto incontrarsi a Palazzo Vecchio con Renzi per un dibattito sul futuro Europeo ma non ha potuto farlo per  improvvisi "impegni" televisivi di quest'ultimo. 

Nell'attesa sono nate alcune riflessioni.


Oggi alle ore 18,00 avrei dovuto essere a Firenze, a Palazzo Vecchio, a discutere insieme a Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento Europeo, e Matteo Renzi il libro Breve storia del futuro degli Stati Uniti d’Europa. Ma Renzi ieri è stato improvvisamente convocato da Enrico Mentana per la solita chiacchierata televisiva e pertanto l’evento è stato immediatamente cancellato. Così oggi mi ritrovo con qualche ora libera da impegni e provo a immaginare quello che avrei potuto dire a Firenze se, nel corso del dibattito, me ne avessero dato la possibilità, e se io ne avessi avuto l’estro (di solito parlo a braccio e non preparo nulla).

Il titolo del libro di cui avremmo dovuto parlare è discutibile, considerato che gli autori dopotutto parlano dello stato presente dell’Europa e quando accennano al futuro riportano soltanto la visione di alcuni burocrati, quelli della Commissione Europea che hanno prodotto un lungo rapporto intitolato “A Blueprint for a deep and genuine emu: Launching a European debate” e il rapporto presentato a dicembre dal presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy – la mitica, si fa per dire, road map –  in cui gli autori del libro Breve storia, tra l’altro, credono poco, perché riflette il punto di vista non dei cittadini europei ma solo di quelli che lavorano nelle istituzioni europee o negli apparati degli Stati nazionali.

Ma qual è lo stato dell’Europa oggi? Bisogna subito puntualizzare che non esiste un unico discorso sull’Europa oggi, ma ne esistono almeno tre: uno è quello che potremmo attribuire all’Europa degli Stati e ai politici che la rappresentano, un secondo è portato avanti da quelli che potremmo definire l’Europa degli Eurotecnoburocrati, ma che per semplicità chiameremo l’Europa degli Uffici e di tutti quelli che ci mangiano con loro grande soddisfazione. Poi ci sono i discorsi di una terza Europa, quella dei cittadini.

Nell’Europa degli Stati parlano soprattutto i politici locali, la maggior parte dei quali ha capito poco di quello che sta a succedendo loro (discredito crescente da parte dei cittadini) né tantomeno capiscono qualcosa dei processi europei. Molti di questi credono che solo i rappresentanti politici degli Stati nazionali abbiano sufficiente autorità e capacità operative per far andare avanti l’Europa. I loro posti preferiti sono i meeting europei, soprattutto quelli del Consiglio Europeo, dove i premier sconosciuti degli staterelli e quelli di Paesi come l’Italia, che non hanno credibilità, puntano soprattutto alla foto ricordo a fianco di Angela Merkel. Una sorta di Congresso di Vienna permanente dove ogni politico fa finta di tornare a casa con qualcosa di vincente per la loro constituency (ma di solito tornano a mani vuote). Alcuni, soprattutto i tedeschi coltivano nuovi (o meglio novelli) sogni di gloria e di comando per il loro Stato.

Esiste poi un’altra Europa, quella dei cittadini europei. È un’Europa ancora bambina. Fino al 1992 non aveva nemmeno uno status costituzionale, esisteva solo come un’idea. I discorsi che fanno i cittadini europei sono totalmente diversi da quelli dell’Europa degli Stati o dell’Europa degli Uffici. Qui si discute se alcuni poteri sia meglio staccarli dallo Stato nazionale, per incorporarli in un qualcosa che per ora chiamiamo Stati Uniti d’Europa, per ricordare il concetto che il punto di arrivo dovrebbe essere simile a quello degli Stati Uniti d’America, dove alcuni Enti Centrali esercitano direttamente un potere su tutti i cittadini, bypassando gli Stati nazionali. L’idea di un’unione politica tra i vari Stati europei è una idea vecchissima. Il primo a sognarla fu addirittura Dante Alighieri e il primo a coniare l’espressione “Stati Uniti d’Europa” è stato non un politico, ma un altro cittadino scrittore, Victor Hugo, nel 1849. E dopo la prima guerra mondiale, il conte austriaco Coudenove-Kalergi catturò l’attenzione di molti con la sua idea di Pan-Europa, una organizzazione che avrebbe dovuto unire popoli e Stati. Molti intellettuali e scrittori (tra cui Einstein, Apollinaire e Thomas Mann) e qualche politico (il più noto è il sindaco di Colonia Konrad Adenauer) si entusiasmarono per le idee del conte austriaco.

L’Europa dei cittadini ha grandi speranze che un giorno si possa arrivare a un discorso politico europeo che rispecchi una pubblica opinione europea e che la maggior parte dei poteri risieda nel Parlamento europeo. Come nel caso dell’Europa degli Stati non è l’entità astratta dello Stato che parla, ma i suoi politici, così nell’Europa dei cittadini non sono i popoli europei a esprimersi, ma principalmente scrittori, intellettuali e filosofi che si ritengono adatti a parlare a nome dei cittadini europei, perfettamente coscienti che ancora la maggior parte dei cittadini in carne ed ossa nemmeno capisce di cosa stiamo parlando. Il leader di questo movimento potrebbe essere considerato il filosofo tedesco Jurgen Habermas, che già nel 1995, solo pochi anni dopo che l’idea di cittadino europeo aveva avuto pieno riconoscimento – qualcuno l’aveva definito un guscio vuoto –  scrisse che la democrazia in Europa non può più essere un a realtà vera a meno che non si sviluppi una pubblica sfera di dibattito paneuropeo, una società civile europea con organizzazioni non governative e associazioni di vario tipo, una cultura politica comune, con un sistema dei partiti appropriato all’arena europea. A Renzi avrei chiesto cosa avrebbe fatto, se fosse diventato segretario del Partito Democratico (oggi un partito puramente nazionale). A quale famiglia lo avrebbe aggregato a quella dei Socialisti Europei o a quella dei Popolari (visto che lui proviene dalla gloriosa Democrazia Cristiana)? Oppure avrebbe cercato di creare una famiglia europea dei Democratici, oppure dei Democratici e Socialisti (una sorta di PSDI di Saragat a livello europeo).

L’Europa degli Uffici è emersa dopo la fine della seconda guerra mondiale, soprattutto per l’instancabile energia di un cittadino francese, Jean Monnet, che aveva dapprima lavorato per la Società delle Nazioni a Ginevra e poi si era occupato della Supply Chain tra le forze militari americane, inglesi e francesi (a quanto ne so non ha mai ricoperto cariche politiche, a meno che non si consideri la Presidenza della CECA una carica politica).

Anche l’Europa degli Uffici parla continuamente di trasferimento di poteri dalla periferia al centro. La loro visione (???) viene messa avanti a quella degli Stati, senza nessuna preoccupazione di far sapere almeno a un gruppo ristretto di cittadini di cosa si tratta e tantomeno si preoccupa di discuterne seriamente con altri interlocutori. Quanti italiani conoscono la mitica road map elaborata dalla Commissione Europea e dal presidente Van Rompuy? L’1 per cento, e cioè circa 600.000 italiani e meglio lo 0,1 per cento e cioè circa 60.000 cittadini? Non vorrei essere troppo pessimista, ma credo che anche l’ultima percentuale sia sbagliata per eccesso. Per l’Europa degli Uffici, persino quella dei politici è troppo sopravvalutata e inconcludente. In questo ambito l’Europa dei cittadini non esiste quasi. I tecnoburocrati si occupano di conti pubblici, di bilance dei pagamenti, tassi di interesse e pensano che sia l’Economia a guidare il carro e non la Politica. Il pensiero dell’Europa degli Uffici l’ha espresso al meglio un vecchio Presidente della Commissione Europea, Walter Hallstein: «La natura vera di questo nostro mondo necessita una ridefinizione del significato che noi diamo alle parole politica ed economia, e una riscrittura o forse anche l’eliminazione della barriera semantica tra i due concetti».

Ognuno dei tre discorsi formula a modo suo una verità, la scomparsa della politica, la resilienza dello Stato Nazione e le condizioni disastrose della democrazia. Tornando al futuro, nessuno può essere sicuro quale di questi discorsi prevarrà. Non amo particolarmente Michel Foucault. Ma su un punto mi sembra abbia ragione: «I discorsi non significano soltanto una mera verbalizzazione dei conflitti o dei sistemi di dominio, ma rappresentano l’essenza stessa di quello per cui si combatte».

Fino all’anno della rivoluzione francese, 1789, molti scrittori non si occupavano molto della loro storia comune. Dopo, nessuno ha potuto sottrarsi a farci i conti, da Goethe a Tolstoi, da Manzoni a Leopardi. Nell’Europa di oggi non c’è ancora stato il 1789. Non è detto però che non possa esserci in futuro.



venerdì 19 luglio 2013

Stop al ricatto esterno



Ieri il Presidente della Repubblica ha detto che il governo della grande coalizione è intoccabile, se dovesse cadere ci sarebbero delle ripercussioni enormi sui mercati.

Ed eccoci tornati al punto fondamentale, la politica interna continua ad essere dettata dal ricatto e dalla minaccia esterna.

Fino a che punto saremo disposti a sopportare questa "mattanza" in nome di un ricatto e di una minaccia esterna alla quale non viene contrapposta alcuna alternativa e possibilità.

Attraverso la minaccia del fallimento e della crisi sistemica i governi continuano a svolgere, per conto della regolamentazione finanziaria, il ruolo di riscossori e mattatori del settore privato prima e pubblico poi.

Una interessante e coraggiosa provocazione politica a questo punto sarebbe proprio quella di dire, basta a questo ricatto.


martedì 16 luglio 2013

La grande coalizione inizia a scricchiolare



14:39

La grande coalizione inizia a scricchiolare

Il peggioramento dell'economia, le lotte interne e i casi giudiziari, stanno indebolendo la già fragile grande coalizione.

La grande coalizione inizia a scricchiolare.
La grande coalizione Pd-Pdl inizia a traballare sotto il peso delle bugie e dei dissidi interni. Da un lato il Pdl (Berlusconi dipendente) inizia a tremare in vista della possibile interdizione dai pubblici uffici, dall'altra parte il Pd continua con le sue lotte intestine, tramandandole di generazione in generazione anche ai “giovani” Renzi e Letta. Il difficile equilibrio di governo in Italia trova molte similitudini con la Grecia e il Portogallo. Queste coalizioni nascono per poter eseguire i diktat della Troika in nome di un presunto bene dei cittadini. Ovviamente queste politiche economiche sono positive per il sistema bancario ma devastanti per l'economia reale e anche per lo stato stesso. In Grecia il caso che ha messo in crisi il governo è stato la decisione della nuova democrazia di chiudere temporaneamente l'emittente televisiva nazionale. In Portogallo, molto più semplicemente, il popolo è stanco di misure lacrime e sangue che non portano alcun beneficio tangibile. Il 12 luglio Lisbona ha chiesto alla Troika di poter posticipare le condizioni del piano di rientro del “salvataggio”.
Il paradosso è quello di un rapporto a tre, nel quale il mercato (finanza globale) utilizza lo Stato e la politica come agente di riscossione crediti presso i cittadini in quello che è un continuo trasferimento di ricchezza dal basso verso l'alto. La politica attuale è quindi una politica dettata dal Ricatto Esterno al quale sembra impossibile sottrarsi.


mercoledì 10 luglio 2013

11 segni che mostrano il crollo dell'economia Italiana



Mentre continuiamo ad ascoltare i proclami dei governi tecnici (autoeletti) l'Italia è in bancarotta. Di seguito 11 motivi che dovrebbero fare aprire gli occhi anche ai ciechi (ma evidentemente per gli imbecilli politici di professione che popolano le tribune elettorali dei palinsesti televisivi nazionali, non è ancora così).


  • La disoccupazione in Italia è al 12.2%, il livello più alto degli ultimi 35 anni
  • La disoccupazione giovanile è al 38,5%, in sud Italia al 50%
  • 134 negozi chiudono ogni giorno. Dal 2008 sono 224.000 le attività ad avere spento la luce
  • L'economia è in contrazione per il 7 quadrimestre di fila.
  • Il pil Italiano per il 2013 è previsto a -1,8%
  • La produzione industriale è in calo da 15 mesi consecutivi. Ora siamo ad un livello pari a quello di 25 anni fa.
  • La produzione industriale dal 2008 è calata del 25%
  • In Maggio le vendite di automobili hanno segnato un calo dell'8%
  • Il numero di persone in stato d'indigenza è raddoppiato negli ultimi 2 anni
  • Il debito sul Pil Italiano è (ovviamente) aumentato, e siamo al 130%
  • Le proiezioni prevedono una richiesta di aiuti Ue (quindi ulteriore povertà) entro 6 mesi.

Ministro dell'economia Saccomanni "La fine della crisi è vicina" ....

P.S.
Aggiungiamo il downgrade di S&P,anche se questa è la solita mossa del Mercato (capitalismo finanziario) che pressa lo Stato per prendere ai cittadini quello che ha perso durante la crisi.

La globalizzazione e la finanziarizzazione sono l'autostrada per la diseguaglianza. Viviamo in un'economia del "ricatto". Lo Stato è uno stupido ostaggio di questi agenti finanziari e opera inevitabilmente contro l'interesse dei cittadini per tutelare la sua stessa sopravvivenza.

Ricordate, Le diseguaglianze SONO CREATE AD HOC, non sono effetti collaterali. Da un lato "creditori senza rischio" e dall'altra parte "uomini indebitati", in mezzo, l'apparato Statale, impotente.





Link: Saccomanni


link: e.c.blog