Roman Polanski (e la bellissima) Sharon Tate |
A cura di Guido Rovatti
“Chi lotta
contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se
tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di
te.”
(Friedrich Wilhelm Nietzsche
Ancora una volta il grandioso filoso
viene in soccorso: questo suo pensiero è un concentrato di significanza.
Non si può parlare del cinema di
Polanski, di nessuno dei suoi film, senza avere ben chiaro quanto sopra
scritto.
Sul web : tante recensioni su “L’inquilino del terzo piano” (1976),
ma nessuna ha colto il film dalla giusta prospettiva.
Qualcuno sostiene sia egittologia,altri
un esempio di paranoia che sfocia nel delirio,altri parlano di reincarnazione,qualcuno
richiama l’occulto.
Qualcuno davvero crede che Polanski
volesse parlarci della sua passione per l’occulto quando ha fatto “L’inquilino
del terzo piano” ?
O che fosse spinto da una grande
voglia di terrorizzare gli spettatori quando ha fatto “Rosemary’s baby”?
Chi è Polanski?
Fatemi uno stramaledetto piacere: se è
questo che avete capito di Polanski, allora è meglio che sintonizziate i vostri
televisori su un gioco a premi o che andiate a prendere un gelato (al gusto di
puffo).
Se
non conoscete il suo vero e unico film, che è la sua vita, allora non potrete
capire il suo cinema.
Detto ciò, e sperando di non aver
urtato la vostra suscettibilità,vi conduco (come se non bastasse), a farvi
cogliere le prove a dimostrazione di quanto sopra espresso (ovvero della forte componente autobiografica del suo
cinema), per quanto concerne “L’inquilino del terzo piano” (film scelto per
questa introduzione, poiché emblematico):
- Polanski ha cambiato
le origini del protagonista rispetto al romanzo (da Russo a Polacco).
- Polanski recita il
ruolo del protagonista, che è esattamente quello in cui si identifica.
- Nelle versioni
italiana, francese e inglese, Polanski ha voluto doppiare sé stesso.
In Francia Polanski
si scontrò presto con la scarsa volontà dell'industria
cinematografica a supportare un regista polacco (seppur nato a Parigi).
Presto
emigrò quindi in Gran Bretagna.
(Quod Erat Demonstrandum)
L’horror, il thriller
psicologico,l’occulto, i soggetti dei suoi film, devono intendersi come
“effetti”.
“Effetti” di una
causa comune: quell’ “Abisso” di cui ci parla Nietzsche.
Polanski ha guardato
in quell’ “Abisso” come nessun’altro ha mai fatto nel cinema.
Lo ha fatto senza averlo
voluto (fin dall’infanzia),e poi successivamente lo ha fatto per tentare di
comprenderlo,di esorcizzarlo, per “contenerlo”. Lo ha fatto per non divenire
lui stesso quel “Mostro”.
Curiosità
Tecnica nella sequenza di apertura:
“L’inquilino del terzo piano” (1976) è
uno tra i primi film a utilizzare la Louma (gru
snodata per riprese video, in cima alla quale è fissata una macchina da presa munita di controllo
a distanza).
La louma è poi stata utilizzata massicciamente da Spielberg (“1941: Allarme ad
Hollywood”) e da Wenders (“L’amico
americano”).
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Vi lascio alla visione de “L’inquilino del terzo piano”, augurandomi come sempre, che non vi fermiate in superficie, ma augurandomi anche (in questo caso,trattandosi del cinema di Polanski) che possiate essere più forti dell’ ”Abisso”.