Leggiamo cosa George Soros pensa dell'ennesima vittoria della Merkel alle elezioni tedesche e delle condizioni dell'Eurozona.
BUDAPEST – Per la Germania il dramma della crisi dell’euro è finito. L’argomento non è stato infatti quasi per niente toccato nel corso della recente campagna elettorale. D’altro lato, il Cancelliere Angela Merkel ha fatto tutto il necessario per garantire la sopravvivenza dell’euro ad un costo minimo per la Germania, una mossa che le ha fatto guadagnare il sostegno sia dei tedeschi europeisti che dei tedeschi che confidano in lei per la protezione degli interessi nazionali. E non sorprende infatti che sia stata rieletta con una vittoria schiacciante.
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BUDAPEST – Per la Germania il dramma della crisi dell’euro è finito. L’argomento non è stato infatti quasi per niente toccato nel corso della recente campagna elettorale. D’altro lato, il Cancelliere Angela Merkel ha fatto tutto il necessario per garantire la sopravvivenza dell’euro ad un costo minimo per la Germania, una mossa che le ha fatto guadagnare il sostegno sia dei tedeschi europeisti che dei tedeschi che confidano in lei per la protezione degli interessi nazionali. E non sorprende infatti che sia stata rieletta con una vittoria schiacciante.
Si tratta però di una vittoria di Pirro. Lo status quo dell’eurozona non è infatti né discreto e neppure stabile. I principali economisti lo definirebbero come un equilibrio inferiore, mentre io lo definisco come un incubo che sta provocando enormi difficoltà e sofferenza che potrebbero facilmente essere evitate se le credenze erronee e i tabù che le sostengono venissero dissipate. Il problema reale è che i paesi debitori si trovano in estrema difficoltà, mentre i creditori impongono le loro concenzioni erronee ed i loro tabù.
Un esempio è dato dagli Eurobond che la Merkel ha sempre considerato come un tabù. Ciò nonostante, rappresentano una soluzione ovvia alla causa profonda della crisi dell’euro, ovvero l’esposizione al rischio del default dei bond statali da parte dei paesi membri che hanno aderito all’euro.
Generalmente, i paesi avanzati non subiscono il default in quanto possono sempre stampare la valuta. Ma cedendo l’autorità ad una banca centrale indipendente, i membri dell’eurozona si sono messi nella posizione dei paesi in via di sviluppo che hanno sempre fatto prestiti in valuta straniera (Grazie PRODI&co ndr). Né le autorità né i mercati sono stati in grado di individuare quest’aspetto prima della crisi, il che dimostra la fallibilità di entrambe.
Quando è stato introdotto l’euro, le autorità hanno in realtà dichiarato che le obbligazioni dei governi degli stati membri erano prive di rischio. Le banche commerciali erano in grado di sostenerle senza dover accantonare alcuna riserva di valuta, mentre la Banca Centrale Europea (BCE) le ha accettate con gli stessi termini nella sua discount window. Ciò ha creato un incentivo perverso per le banche commerciali che hanno iniziato ad acquistare il debito dei governi più deboli per guadagnare ciò che alla fine si è rivelato essere qualche punto percentuale in più, mentre i differenziali dei tassi di interesse convergevano verso lo zero.
Ma la convergenza dei tassi di interesse ha finito per provocare una divergenza economica. I paesi più poveri hanno vissuto un contesto di boom economico nel settore degli investimenti, nel mercato immobiliare e nel consumo, mentre la Germania, aggravata dal peso fiscale della riunificazione, ha dovuto adottare una politica di austerità ed implementare delle riforme strutturali. Questo contesto è stato la causa principale della crisi dell’euro, ma al tempo non è stato riconosciuto tale, e ancora oggi non è ancora del tutto compreso.
La conversione di tutti i bond statali (ad eccezione di quelli della Grecia) in Eurobond sarebbe quindi la soluzione migliore. Non richiederebbe alcun trasferimento finanziario in quanto ciascun paese continuerebbe ad essere responsabile della gestione del proprio debito. Inoltre, imporrebbe una disciplina di mercato più severa sui paesi debitori rispetto a quella attuale, in quanto sarebbero in grado di emettere gli Eurobond solo per rifinanziare i bond maturati. Qualsiasi forma di prestito aggiuntiva dovrebbe comunque essere fatta a loro nome ed i mercati potrebbero quindi imporre delle penalità per prestiti eccessivi.
Ciò nonostante, gli Eurobond ridurrebbero in modo sostanziale i costi dei prestiti dei paesi altamente indebitati e riuscirebbero a ricreare un contesto equo all’interno dell’eurozona. Il tasso di credito della Germania non verrebbe messo in pericolo in quanto gli Eurobond manterrebbero il livello di competizione con i bond emessi dagli altri paesi principali.
D’altra parte, gli Eurobond non risolverebbero le disparità in termini di competizione, infatti i paesi dell’eurozona dovrebbero comunque implementare le proprie riforme strutturali, ma potrebbero comunque porre rimedio al difetto principale dell’euro. Tutte le altre alternative non sono ugualmente valide, infatti comportano o dei trasferimenti finanziari, o il mantenimento di un contesto disomogeneo, oppure entrambe le opzioni. Tuttavia, proprio a causa dell’opposizione della Merkel, gli Eurobond non possono neppure essere presi in considerazione.
Anche la Grecia è vittima dei concetti erronei e dei tabù dei paesi creditori. Tutti sanno che non sarà mai in grado di ripagare il suo debito, gran parte del quale dipende dal settore “ufficiale”, ovvero la BCE, gli stati membri dell’eurozona e il Fondo Monetario Internazionale. Dopo un lungo periodo di enormi difficoltà e sofferenza, la Grecia sembra ora vicina a raggiungere il primo surplus. Se il settore ufficiale rinunciasse ad essere ripagato a condizione che la Grecia soddisfi le condizioni imposte da Troika (la BCE, la Commissione europea e l’FMI), il capitale privato tornerebbe in circolo e la ripresa economica sarebbe rapida.
Posso testimoniare in base alla mia esperienza personale che, una volta rimosso l’eccesso di debito, gli investitori si fionderebbero sulla Grecia. Ma il settore ufficiale non può cancellare il suo debito in quanto violerebbe una serie di tabù, in particolar modo in relazione alla BCE.
Tuttavia, la Germania farebbe bene a ricordarsi che per tre volte nel corso della storia ha beneficiato della cancellazione del debito. Il Piano Dawes del 1924 ha alleviato i pagamenti di risarcimento della Prima Guerra Mondiale, mentre il Piano Young del 1929 ha ridotto la somma che la Germania doveva in termini di risarcimento, concedendo al paese molto più tempo per ripagare il debito. Infine, anche il Piano Marshall dopo la Seconda Guerra Mondiale ha garantito una riduzione del debito.
L’insistenza della Francia nel mantenere una linea dura per il pagamento dei risarcimenti dopo la Prima Guerra Mondiale non fece altro che spianare la strada all’ascesa di Hitler, e l’aumento di popolarità del movimento neofascista Golden Dawn (Alba Dorata) sembra essere un fenomeno molto simile.
Questi due esempi giustificano di per sé la mia descrizione della crisi dell’euro come un incubo. Solo la Germania può porre fine a quest’incubo in quanto, visto il tasso più elevato di credito e l’ampiezza e la solidità della sua economia, si trova in una posizione di leadership.
La Germania, memore della sua storia recente, non vuole d’altra parte essere vista di nuovo come potenza egemone, e l’attuale contesto non è infatti il risultato di un complotto tedesco a fini malevoli. Ciò nonostante, la Germania non può scappare dalle responsabilità legate a quel ruolo. Deve imparare ad agire come un paese egemone benevolo. Comportandosi in questo modo la Germania avrebbe la gratitudine permanente dei paesi che sono al momento a lei subordinati, proprio come gli Stati Uniti riuscirono a conquistarsi la gratitudine dell’Europa attraverso il Piano Marshall. Se la Germania non dovesse cogliere quest’opportuntà si arriverebbe, a mio avviso, alla disintegrazione e all’eventuale crollo dell’Unione europea.
E’ pur vero, d’altra parte, che molti paesi hanno vissuto periodi da incubo e sono sempre sopravvissuti. Ma l’UE non è un paese, è un’associazione incompleta di stati sovrani che non riusciranno a sopravvivere a dieci anni o più di stagnazione. Un contesto simile non farebbe l’interesse della Germania e lascerebbe d’altro canto gli europei in una situazione ben peggiore di quando si sono imbarcati nel progetto europeo.
Non è mai facile fare marcia indietro per i leader politici, ma le elezioni danno l’occasione per un cambio di politiche. Il modo migliore per apportare un cambiamento per il prossimo governo della Merkel sarebbe quello di nominare una commissione indipendente di esperti per valutare le alternative senza farsi influenzare dai tabù dominanti.
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