venerdì 27 febbraio 2015

Gli anni '90 l'epoca del remix


Gli anni ’90 sono stati un bello schifo. Che sfortuna, aver vissuto così lucidamente l’epoca del remix, maledetti Puff Daddy e Quentin Tarantino. L’epoca della citazione. Film e canzoni copiate, campionate, remixate. Capisco che la seconda legge della termodinamica approvi in un certo modo il remix, ma non in maniera così stupida. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ok, ma non è che tutto debba essere copiato con la carta carbone.
Il remix e la citazione sono state una nuova frontiera del marketing. Vendere qualcosa che già esisteva e che già era in un certo qual modo conosciuta ottimizza i costi di promozione e velocizza l’inserimento cerebrale del nuovo jingle, motivetto o della nuova scenetta. E così ci ritroviamo sommersi da cose già viste, già sentite. Ma hey, se le hai già viste vuol dire che sei troppo vecchio o hai visto troppo cose e allora non fai già più parte del target di consumatori che ci interessa. Questa incredibile corsa verso la giovinezza e la pedofilia commerciale non è un interessamento al futuro e alla cura delle nuove generazioni. No, è uno sfruttamento consumistico perché più sono giovani, più sono influenzabili, e più è facile vendergli porcate. Il comportamento operante di Skinner spiega molto bene come sia possibile istruire eserciti di esseri viventi a rispondere in un determinato modo di fronte a determinati stimoli.

Tarantino.Dovessi prendere un anno di riferimento per il dilagare del “remix” prenderei proprio il 1992 quando esce il suo “le Iene” o Reservoir Dogs. Questa visione sul mondo underground criminale che vorrebbe ispirarsi ad Asphalt Jungle di John Houston e The Killing di Kubrick finisce con il copiare la pellicola di Ringo Lam “City on fire” del 1987 (ironico anche che il cambiamento del decennio avvenga con un Americano che copia un Cinese).

Qualcosa cambia. Anche con Pulp Fiction del 1994 Tarantino ci regala un bellissimo esempio di grande remix. Ottime le scelte dal passato e incredibile è la sua cultura cinematografica ma le citazioni sono veramente troppe rispetto alla norma. Dal salmo biblico di Ezechiele ripreso da the bodyguard di Maurice Sarli (1979), alle sequenze di Charley Varrick di Don Siegel (1973), Kiss me deadly di Robert Aldrich (1955), alla scena dello shot di Adrenalina presa da American Boy di Scorsese (1978) o al riquadro cinematografico estraneo alla pellicola che la Thurman crea in macchina e ripreso da Three little Bops di Freeleng del 1957.

I film di Tarantino sono così un nuovo cinema, un cinema che è una copia continua e nel quale la parte più interessante è cercare di scoprire da dove viene questa o quella sequenza apprezzando o meno le leggere modifiche.

Lo stesso discorso vale per la musica, entrata in coma anch’essa negli anni ’90 (Mark Ronson e Bruno Mars docet).
Entrambe queste forme di intrattenimento, escludendo rari casi, non si sono ancora risvegliate.

La notte degli Oscar ce lo ha appena ricordato premiando come miglior film Birdman, una mediocre confessione sulla follia della società Usa, praticamente ogni personaggio è pazzo, utilizzando come idea più originale lo spunto del bravissimo regista Russo Alexander Sokurov e la sua "Arca Russa" del 2000 (anche qui è ironico come la cosa più innovativa agli Oscar sia stata un'idea Russa).

Non prevedo lo faranno a breve.