L’altro giorno a casa di amici ho sentito una bambina di
dieci anni chiedere a suo padre perché chiamiamo la macchina “macchina” e non
libro, e perché il gatto si chiama “gatto” e non “cane” ?
Cacchio, ho pensato, che domanda.
Il cervello di un bimbo per fare una domanda del genere deve
essere veramente, nel suo non ancora completo sviluppo, avanti anni luce.
Mi è venuto in mente il decostruttivismo e il logocentrismo
di Derrida e il fatto che la sua descrizione e distruzione del linguaggio come
unico mezzo di comprensione della natura puntasse proprio alla stessa domanda.
Quella bimba si era posta lo stesso quesito di Derrida (e
tanti milioni di altre persone).
La risposta è che ogni parola che utilizziamo si sviluppa in
funzione di altre parole e che la mancanza di forze oggettive alla nostra
costruzione del linguaggio è la prova che non esiste alcuna verità oggettiva
esterna alla nostra immaginazione.
O quantomeno se esiste, non è per noi comprensibile.
Una bimba di dieci anni ha scoperto che non esiste alcuna
verità assoluta con una semplice domanda.
Adesso verrà bombardata di certezze e verità per tutto il
resto della sua esistenza fino a quando, se sarà forte e fortunata, ritornerà
al punto in cui si trovava da bambina.
Una mente libera.
Ironico.