- Dalla seconda metà degli anni '50 l'arte diventa una forma di investimento
- Prima della pop art "il Commercio segue all'Arte" dopo la Pop "L'Arte segue il Commercio"
- Il consumismo contemporaneo propone esperienze artistiche mescolate ai fini commerciali
- I galleristi e il mercato determinano cosa è arte e cosa no
La domanda è:
Possiamo veramente definire Arte molte di quelle esperienze sensoriali che viviamo ogni giorno attraverso il commercio ?
La domanda è:
Quale ruolo ha l'artista individuale in un mondo in cui la condivisione è l'obiettivo primario ?
Se l'artista è costretto ad esprimersi in termini di condivisione sarà costretto a modificare il suo messaggio preparandolo per la comprensione massificata.
Maggiore è il numero di persone che si devono (vogliono) coinvolgere, più il messaggio dovrà essere popolare e più la sua qualità scenderà verso gli istinti e i bisogni primitivi dell'uomo: mangiare, riprodursi, defecare, pisciare, ecc ecc.
E le sue illusioni: amare, essere felice, vivere sano, avere successo ecc ecc.
Il commercio ha piegato l'arte relegandola ad un ruolo di intrattenimento sociale per grandi gruppi di persone.
Così i cinema diventano multisala, così gli scrittori sono in realtà team di lavoro, così le produzioni discografiche sono processi industriali.
L'arte non è fatta per unire le persone ma per ampliare la comprensione e le sensazioni dell'uomo.
Ma queste domande, in un era post-moderna caratterizzata da un relativismo contrastato da un'attività sociale continua, restano ancora senza risposta.